Il Signore, quando gli fu chiesto quale fosse il più grande comandamento, rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. Il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti (Mt 22,37-40). Da ciò risulta chiaro che l’amore è l’essenza di tutte le virtù divine e ne è anche il maestro naturale, poiché sebbene lo si impari dalla Legge, nasce nel cuore.
La Legge dipende dalla carità, non la carità dalla Legge come dice la santa Scrittura: La Legge non è stata stabilita per il giusto, ma per il peccatore (1 Tm 1,9). E il peccatore è colui che non ha la carità di Dio…
È chiaro dunque che la sostanza si trova nella carità più che nella speranza o nella fede, come testimonia un esempio evidente. Giuda Iscariota, il traditore del Signore, perdette sia la speranza sia la fede, perché in lui non era rimasta la carità. Eresie e scismi si diffondono quando la fede e la speranza sono strappate dal fondamento. E che cosa siano senza la carità non solo queste, ma anche le altre virtù, imparatelo da quello che dice Paolo: E se avessi tuta la fede così da trasportare i monti ma non avessi la carità, non sono nulla. E se distribuissi tutti i miei beni in alimenti e consegnassi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, non bo alcun vantaggio (1 Cor 13,2-3). La carità, infatti, fratelli, tutto ama, tutto crede, tuto spera, tutto sopporta. La carità non verrà meno (1 Cor 13,7-8). Non senza ragione, dunque, il Signore Dio raccomanda l’amore del prossimo, perché sa che esso soltanto ha il coraggio di osservare ciò che egli comanda. Il primo compito dell’amore è riconoscere che siamo nati per opera di Dio, che a lui solo dobbiamo la vita, e non serbare nulla nel nostro cuore da sottoporre al giudizio di altri. Ma quando, mossi da tale spirito di fede, cominceremo a essere da lui inabitati o ad abitare in lui, come dice Giovanni: Dio è amore. Chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio in lui (1 Gv 4,16), allora finalmente, fratelli, lo ameremo in modo degno di lui per mezzo di lui stesso, perché, operatosi uno scambio, ciò che è suo diventa nostro. Ne segue che amiamo anche il prossimo con quell’affetto con cui amiamo noi stessi.
Zeno di Verona, Disconi 1,36,5-7