Gli apoftegmi dei padri del deserto ci narrano che alcuni monaci si riunirono presso abba Antonio per discutere su quale fosse la virtù che il monaco deve lottare per acquisire. Alcuni dissero la preghiera, altri il digiuno, altri la veglia, altri l’umiltà. Ma la risposta di abba Antonio fu diversa:
Sì, è vero, tutte queste virtù da voi citate sono utili e di esse hanno bisogno tutti coloro che cercano Dio e desiderano avvicinarsi a lui. Ma spesso abbiamo visto persone far perire i propri corpi dedicandosi con rigore ai digiuni e alle veglie, ritirandosi in solitudine nei deserti, e praticando una privazione tale che bastava loro il vitto di un solo giorno e davano in elemosina tutto ciò che possedevano. Tuttavia li abbiamo visti sviare dalla retta via e cadere, vanificando tutte queste virtù e concludendo la loro lodevole operosità con una fine del tutto deplorevole. La causa di tutto ciò è che non hanno praticato il discernimento 1.
Lo stesso Antonio dice:
Vi sono persone che hanno logorato il proprio corpo nell’ascesi e che, non avendo avuto discernimento, hanno finito per allontanarsi da Dio 2.
1 Bust¯an al-ruhb¯an (Giardino dei monaci) 32, a cura di anba Epiphanius, Wādi el Nastrūn 20142, pp. 24-25; cf. Giovanni Cassiano, Conferenze ai monaci I,2,2-4, a cura di L. Dattrino, Roma 2000, pp. 103-108.
2 Detti dei padri, Serie alfabetica, Antonio 8, in Vita e detti dei padri del deserto, a cura di L. Mortari, Roma 20054, p. 83.
Fonte: Atti del XXVI Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa Bose, 5-8 settembre 2018 a cura di Lisa Cremaschi e Adalberto Mainardi monaci di Bose.