Il 10/23 ottobre la Chiesa celebra la memoria del grande starec del XIX secolo, il venerabile Ambrogio di Optina (1812–1891).
Presentiamo un estratto dal libro pubblicato dal Monastero Sretenskij:
«Vita dello starec di Optina, ieroshimonaco Ambrogio», scritta dallo schiarhimandrita Agapito (Belovidov), Edizioni del Monastero Sretenskij, Mosca, 2010.
Gli insegnamenti e i consigli dello starec Ambrogio, con i quali egli edificava coloro che venivano a lui con fede, venivano spesso dati in colloqui riservati oppure davanti a tutti, con parole semplici, brevi, talvolta persino scherzose.
Il tono scherzoso, tuttavia, era per lui un modo di trasmettere la sapienza con dolcezza, e costituiva una delle sue caratteristiche spirituali.
Come vivere?
Quando gli chiedevano: «Padre, come bisogna vivere?», egli rispondeva, come d’abitudine, con tono sereno e semplice:
«Vivere senza rattristarsi, non giudicare nessuno, non infastidire nessuno, e avere rispetto per tutti».
Queste parole spesso suscitavano un sorriso in chi lo ascoltava superficialmente, ma chi vi rifletteva più a fondo scorgeva in esse un insegnamento pieno di sapienza.
«Non rattristarsi» — significa non lasciar che il cuore sia trascinato dalle inevitabili prove e contrarietà della vita, ma volgersi verso l’unica Fonte della dolcezza eterna — Dio. Così l’uomo, pur tra le molte tribolazioni, trova pace e si acquieta nella sottomissione e nella mansuetudine.
«Non giudicare» e «non infastidire» — poiché nulla è più comune tra gli uomini del giudicare e del molestare gli altri. Queste passioni, generate dall’orgoglio, bastano da sole a precipitare l’anima negli abissi dell’inferno, e tuttavia quasi nessuno le considera peccati.
«E avere rispetto per tutti» — richiama il precetto dell’Apostolo: «Prevenitevi a vicenda nella stima reciproca» (Rm 12,10).
Tutto questo, se riassunto in una sola parola, insegna la via dell’umiltà — fondamento della vita spirituale, sorgente di ogni virtù, senza la quale, secondo san Giovanni Crisostomo, è impossibile salvarsi.
«Bisogna vivere senza ipocrisia»
A volte, alla stessa domanda: «Come bisogna vivere?», lo starec rispondeva:
«Bisogna vivere senza ipocrisia e comportarsi con buon esempio: allora tutto andrà bene; altrimenti, finirà male».
Come la ruota che appena tocca la terra
Diceva anche:
«Bisogna vivere sulla terra come una ruota che appena sfiora il suolo con un punto, mentre con tutto il resto tende verso l’alto.
Noi invece, appena ci adagiamo sulla terra, non riusciamo più a rialzarci».
Tra timore e speranza
Alla domanda: «Come fanno i giusti, pur vivendo secondo i comandamenti, a non insuperbirsi della loro giustizia?», lo starec rispondeva:
«Essi non sanno quale sarà la loro fine».
E aggiungeva:
«La nostra salvezza deve compiersi tra il timore e la speranza. Non bisogna mai disperarsi, ma nemmeno presumere troppo».
Sul perfezionamento spirituale
Alla domanda se sia lecito desiderare di progredire nella vita spirituale, rispondeva:
«Non solo è lecito, ma bisogna sforzarsi di crescere nell’umiltà — cioè nel considerarsi, nel profondo del cuore, inferiori a tutti gli uomini e a ogni creatura».
Sulla pazienza
Diceva:
«Quando qualcuno ti molesta, non chiedere mai “perché” o “per quale motivo”: nella Scrittura non troverai queste domande.
Il Signore dice invece: Se qualcuno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra.
Non è facile colpire davvero la guancia destra; ciò significa che, se qualcuno ti calunnia o ti offende ingiustamente, quello è il colpo sulla guancia destra.
Non mormorare, ma sopporta con pazienza, ricordando le tue colpe passate: anche se ora sei innocente, in passato hai peccato molto, e quindi meriti la prova».
Sull’obbedienza e la vocazione
Quando qualche fratello, per debolezza o impazienza, si lamentava di non ricevere presto la tonsura monastica, o di non essere ordinato, lo starec diceva:
«Tutto verrà a suo tempo, fratello. Ti daranno tutto — tranne le buone opere: quelle devi compierle tu».
Sulla collera
«Nessuno deve giustificare la propria irritabilità con qualche malattia: essa nasce dall’orgoglio.
L’ira dell’uomo, dice l’apostolo Giacomo, non compie la giustizia di Dio (Gc 1,20).
Per non cadere nell’ira, non bisogna affrettarsi».
Sull’invidia e sul rancore
«Costringiti, anche contro la volontà, a fare del bene ai tuoi nemici; e soprattutto non vendicarti, e stai attento a non offenderli con lo sguardo o con il disprezzo».
Sull’amore
«L’amore è al di sopra di tutto.
Se ti accorgi di non avere amore, ma lo desideri, comincia a compiere opere d’amore, anche senza sentirlo.
Il Signore vedrà il tuo desiderio e il tuo sforzo, e metterà Egli stesso l’amore nel tuo cuore».
Sul cuore malvagio
«Chi ha un cuore corrotto non deve disperare: con l’aiuto di Dio può purificarsi.
Deve solo vigilare su se stesso, cercare di essere utile al prossimo, aprirsi spesso al padre spirituale e fare, per quanto può, elemosina.
Non si diventa subito migliori, ma il Signore è paziente: Egli toglie la vita solo quando l’uomo è pronto a passare nell’eternità, o quando non vede più speranza di ravvedimento».
Sull’elemosina
«San Demetrio di Rostov scrive: se viene da te un uomo a cavallo e ti chiede l’elemosina, dagliela.
Come userà il tuo dono non è affar tuo».
E ancora:
«San Giovanni Crisostomo dice: comincia a dare ai poveri ciò che non ti serve, ciò che giace dimenticato; poi potrai dare di più, anche privandoti di qualcosa, e infine sarai pronto a donare tutto».
«Siate prudenti come i serpenti»
«Quando il serpente deve cambiare pelle, passa per un luogo stretto e così si libera della vecchia.
Così anche l’uomo, per spogliarsi del “vecchio uomo”, deve entrare per la via stretta dei comandamenti evangelici.
E come il serpente protegge la testa, così l’uomo deve custodire la fede: finché la fede è viva, tutto può essere ancora restaurato».
Sui miscredenti
Una figlia spirituale raccontava:
«Dissi un giorno al padre Ambrogio che mi dispiaceva per una famiglia che non credeva né in Dio né nella vita futura, forse per educazione o per ignoranza.
Egli scosse il capo e disse severamente: “Ai miscredenti non c’è giustificazione.
A tutti, anche ai pagani, viene annunciato il Vangelo; e in ogni uomo è impressa dalla nascita la conoscenza di Dio.
Quindi sono colpevoli.
Tu chiedi se si può pregare per loro? Certamente, si può pregare per tutti”.»
Poi aggiunse:
«Nella vita futura non ci sarà più dolore per i parenti perduti, come ora pensi. Lì tutto sarà diverso. È come all’esame: prima sei ansioso e confuso, ma quando ti viene consegnato il biglietto, ti dimentichi di tutto».
Sulla pigrizia e lo scoraggiamento
«La noia è nipote della tristezza e figlia della pigrizia.
Per scacciarla, lavora e prega con fervore: allora la noia passerà e verrà lo zelo.
E se aggiungi anche la pazienza e l’umiltà, ti libererai da molti mali».
Sulla morte e la vigilanza
«La morte non è lontana — non dietro le montagne, ma alle nostre spalle — e noi viviamo come se nulla fosse.
Anche se a un capo del villaggio impiccano qualcuno, all’altro capo continuano a peccare dicendo: “Da noi non verranno presto”.»
Sulla forza del pentimento
«Un uomo peccava e si pentiva, e così per tutta la vita.
Alla fine si pentì e morì.
Il diavolo venne a prenderne l’anima e disse: “È mio”.
Ma il Signore rispose: “No, egli si è pentito”.
“Sì, ma peccava di nuovo”, replicò il diavolo.
Allora il Signore disse: “Se tu, pur essendo malvagio, lo accoglievi di nuovo dopo che si pentiva, come potrei Io, che sono buono, non accoglierlo dopo che è tornato a Me con il cuore contrito? Tu dimentichi che tu sei cattivo, e Io sono buono”».
Sulle ferite del peccato
«Anche quando Dio perdona i peccati, la coscienza continua a rimproverarci.
Il padre Macario mostrava a volte un dito che aveva tagliato molti anni prima: la ferita non faceva più male, ma la cicatrice restava.
Così è per i peccati perdonati: il dolore passa, ma il segno rimane».
Sulla croce e la provvidenza
«Dio non crea croci per l’uomo.
E per quanto pesante possa sembrare la croce che ciascuno porta, il legno di cui è fatta cresce sempre nel suo stesso cuore».
E aggiungeva:
«Quando l’uomo cammina sulla via retta, la croce non gli pesa.
Ma se devia e si getta ora di qua ora di là, allora gli vengono incontro le circostanze che lo riportano sulla via giusta: questi colpi sono la sua croce».
Sull’amore e il sacrificio
«A volte Dio manda sofferenze senza colpa, perché l’uomo, a somiglianza di Cristo, soffra per gli altri.
Il Salvatore ha patito per l’umanità; gli Apostoli per la Chiesa.
Avere l’amore perfetto significa soffrire per il prossimo».
Sulla preghiera e i pensieri
Un fratello si lamentava per la moltitudine dei pensieri durante la preghiera.
Il padre Ambrogio disse:
«È come un contadino che passa per il mercato: intorno a lui c’è confusione e rumore, ma egli continua a dire al suo cavallo: “Su, piano, piano…”.
Così anche tu: qualunque cosa dicano i pensieri, tu continua a pregare».
E aggiungeva:
«“Dio aiuta, ma anche l’uomo non deve restare inerte”.
Pregate voi stessi, non solo chiedete le preghiere altrui: ricordate la donna cananea, che fu esaudita non per le parole degli Apostoli, ma per la sua propria supplica».
Sulla distrazione nella preghiera
«Un monaco del Monte Athos aveva un merlo parlante che amava molto.
Ma appena cominciava a pregare, l’uccello si metteva a chiacchierare e lo distraeva.
Un giorno, a Pasqua, il monaco disse all’uccello: “Cristo è risorto!”.
E il merlo rispose: “Ecco la nostra rovina, che è risorto!”, e cadde morto.
Allora la cella si riempì di cattivo odore, e il monaco capì il suo errore e si pentì».
Sulla preghiera interiore
«Un malato si lamentava di non poter fare prosternazioni.
Il padre Antonio gli rispose: “Nella Scrittura è detto: Figlio mio, dammi il tuo cuore — non le ginocchia”».
Perché gli uomini peccano
«Gli uomini peccano — diceva lo starec — o perché non sanno ciò che devono fare, o perché lo dimenticano, o perché, pur sapendolo, sono pigri e scoraggiati.
Da questa pigrizia e dimenticanza nasce l’ignoranza spirituale, e da essa tutte le passioni.
Perciò nella preghiera alla Madre di Dio diciamo:
“Santissima Sovrana, Madre di Dio, con le Tue preghiere allontana da me, misero servo Tuo, la tristezza, la dimenticanza, l’insensatezza, la negligenza e ogni pensiero impuro e malvagio”.»
Insegnamenti del venerabile Ambrogio di Optina
raccolti dallo schiarhimandrita Agapito (Belovidov).
