Oggi celebriamo la Domenica di Tutti i Santi. Ma chi si ricorda ancora che lo scopo principale della vita dell’uomo, in questa vita e su questa Terra, è il conseguimento della santità? Chi si ricorda che esistiamo per diventare santi?
Il fallimento nel diventare santi costituisce la più grande tragedia dell’esistenza umana. Come viene vista oggi la santità? Come ci relazioniamo ad essa, come la affrontiamo e come la viviamo? Come possiamo trovarla e perderla, usarla e perfino sfruttarla?
La santità non schiaccia la personalità umana. Non viola la libertà e la volontà, l’unicità e la sacralità dell’essere umano. La santità non è un’operazione teleguidata, né un prodotto fabbricato su uno stesso stampo. Molti hanno un’idea sbagliata della santità. Il Sinassario, che stilla mirra profumata, contiene moltissimi esempi, ciascuno unico a suo modo, da tutto il mondo, dall’Occidente all’Oriente: esempi di santi uomini e donne, giovani e anziani, dotti e analfabeti, sposati e celibi, chierici e laici, di personalità estroverse o introverse, e così via.
La santità, realtà divina e sacra, provoca di solito timore santo e venerazione, ammirazione e attrazione. Ma dobbiamo riconoscere che talvolta si intreccia con il mito, con l’esagerazione e con un allontanamento dalla realtà. Il santo viene visto come completamente separato da ogni cosa di questo mondo. La fonte della santità, la Santità e la Bontà stesse, è Dio. La santità esiste solo mediante la partecipazione dell’uomo a Dio. I primi cristiani erano chiamati “santi”, per ricordare loro lo scopo della vita. Oggi la santità è considerata qualcosa di lontano, esterno al mondo, irraggiungibile. Un dono particolare per pochi eletti, per un’aristocrazia dello spirito. Alla santità è stata attribuita una dimensione moralistica che, agli inizi, non definiva l’essenza dell’essere cristiano.
La santità non è una gara, non è una competizione per il primato, non è un’impresa sovrannaturale, né un’impresa senza precedenti, né un record da raggiungere. La santità non viene con pubblicità luminose, con aureole di luci scintillanti, né comporta dimostrazioni fantasmagoriche di segni e prodigi; non ha bisogno di pubblicità, di diffusione o di applausi. La santità ama vivere nell’anonimato, nel disprezzo della gloria, nel silenzio, nella penitenza e nell’umiltà. La santità è comunione con Dio onnibenevolo, non è un’impresa umana. La santità è il vero equilibrio, la vera salute, la relazione essenziale con Dio. La santità non è altro che l’ubbidienza al comandamento di Dio di diventare santi, come Egli è santo. Il compimento della volontà di Dio è la nostra santificazione.
Santità significa seguire Cristo anche nel Getsemani e sul Golgota. La santità non si trasmette, non si acquisisce solo attraverso letture o lunghe discussioni nei salotti. Sei chiamato a dare sangue, per ricevere spirito. A lottare con perseveranza e pazienza per vincere la bestia selvaggia dell’amore per la gloria e per il denaro, attraverso l’amore per Dio, l’amore per gli uomini, l’amore per i fratelli, l’amore per i figli, e attraverso una vita virtuosa.
I santi, secondo la parola del beato Padre Justin Popovici, rappresentano il Vangelo vissuto lungo i secoli. I santi sono Cristo prolungato lungo i secoli. I santi ci hanno mostrato concretamente che le virtù evangeliche sono realizzabili.
Molti dei pellegrini che oggi vengono al Monte Athos cercano grandi santi per risolvere i propri problemi. In altre parole, vogliamo i Santi, Cristo e la Chiesa per puro interesse, per vivere bene, indisturbati, in questa vita. Esiste oggi una concezione magica della santità, dei santi Misteri e della Chiesa. Ciò significa, in realtà, trasformare l’Ortodossia in una religione. I Santi, ci dice Padre Paisios l’Athonita, amerebbero Cristo anche se non esistesse il Paradiso!…
La vera santità — poiché, purtroppo, esiste anche la pseudo-santità — non è una questione di riflettori, megafoni, luci, rumori e metodi di seduzione e promozione. La santità si cela sia sull’Athos, sia nelle città, sia nei villaggi. Fiorisce in segreto, nell’umiltà e nella bontà di colui che è onesto, sincero, che sopporta la malattia, il rifiuto degli altri, il fallimento, la sventura, il giudizio e le ironie altrui, e altro ancora. La santità può rappresentare una minoranza e un’eccezione, ma esiste — e questo è di grande importanza per noi e ci dà grande speranza.
Mosè di Monte Athos
