Il brano evangelico della Domenica del Cieco-Nato è, a tutti gli effetti, una pagina della storia della salvezza dell’uomo, dalla quale possiamo trarre un profondo insegnamento. È una pagina preziosa, perché racchiude verità salvifiche per la nostra vita, ed è di grande utilità per la nostra formazione spirituale. Questo è, infatti, lo scopo di ogni pericope evangelica, e non solo: l’intero Vangelo, anzi, tutta la Sacra Scrittura, è data a noi per la nostra santificazione. Come sta scritto: «Tutta la Scrittura è utile» (cfr. 2 Timoteo 3,16).
In questo breve studio vogliamo soffermarci su alcuni insegnamenti che ci vengono offerti da questa pericope. E ciò che apprendiamo, non lo riceviamo da un grande sapiente, ma da un povero mendicante di Gerusalemme. Un uomo semplice, ignorato, disprezzato da tutti, perché chiedeva l’elemosina per le strade. Cosa curiosa, potremmo dire. Possiamo imparare qualcosa da un uomo simile? Sì, possiamo imparare molto, anche da un tale cieco mendicante, che nessuno prendeva in considerazione. Perché ciò che conta davvero in un uomo non è la salute, la conoscenza, la ricchezza o la posizione sociale, ma la vita spirituale. Ciò che conta sono i sentimenti retti, ciò che conta è un’anima bella.
E quest’uomo, disprezzato da tutti gli abitanti di Gerusalemme, soprattutto dai rappresentanti dell’alta società, diventa per noi cristiani un modello. Egli ci mostra le virtù che ogni cristiano è chiamato ad acquisire. Virtù fondamentali, senza le quali non possiamo essere, né tanto meno chiamarci cristiani. Il cieco della pericope ci insegna non tanto con le parole, quanto con l’esempio della sua vita. E queste virtù sono
La Fede
Il cieco nato dimostra una fede profonda in Cristo. Con fede sincera ricevette dalle mani del Signore l’impasto di terra e saliva con cui Egli gli unse gli occhi. E con la stessa fede si recò alla piscina di Siloe, come gli era stato comandato. E poi, quando vide con i propri occhi Colui che lo aveva guarito, proclamò apertamente: «Credo, Signore!»
Per un cristiano, la fede è il primo passo. È la prima tappa della sua vita in Cristo, il fondamento e la base della sua esistenza. Senza fede in Cristo, come si può essere cristiani? La prima e più alta virtù del cristiano è la fede: fede ardente, profonda, incrollabile. Una fede che si rende visibile nelle opere della carità. Perché altrimenti, come insegna l’apostolo Giacomo, «la fede senza le opere è morta» (Giacomo 2,26).
L’Obbedienza
L’obbedienza del cieco nato verso Cristo è perfetta. Il Signore gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Siloe». E il cieco, pur non vedendo ancora, con il fango ancora fresco sugli occhi, fece esattamente come gli era stato detto. Lungo la strada, tutti lo guardavano con stupore. Ma egli obbedì, senza esitare, senza domandare, senza dubitare. Ed è proprio questa obbedienza che lo condusse alla guarigione: «Andò, si lavò, e tornò vedendo».
L’obbedienza è una grande virtù! Obbedienza a Dio e ai Suoi servitori, che si prendono cura delle nostre anime. Essa è una delle virtù principali del buon cristiano. Perciò, anche noi dobbiamo essere “figli dell’obbedienza”. In questo, l’esempio per noi non è solo il cieco della pericope, ma lo stesso Cristo, che si fece «obbediente fino alla morte, e alla morte di croce» (Filippesi 2,8).
La Testimonianza
Il cieco ha creduto in Cristo e ha obbedito a Cristo. Ma non si è fermato lì: ha anche testimoniato Cristo. Possiamo dire che è uno dei primi testimoni cristiani. Meravigliosa è la testimonianza che egli rende! Ai suoi vicini che gli domandano chi lo ha guarito, risponde:
«L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha unto gli occhi e mi ha detto: ‘Va’ alla piscina di Siloe e lavati’. Sono andato, mi sono lavato, e ho acquistato la vista».
E così ha testimoniato anche davanti ai farisei, quando gli chiesero cosa pensasse di Cristo: «È un profeta» (Giovanni 9,17).
E quando insistettero a domandargli ancora come era stato guarito, egli disse:
«Ve l’ho già detto e non avete ascoltato. Perché volete udirlo di nuovo? Forse volete anche voi diventare suoi discepoli?» (Giovanni 9,27).
Per queste parole fu insultato, ma proprio allora fece la più profonda delle confessioni:
«Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla» (Giovanni 9,33).
Questa testimonianza coraggiosa del cieco dovrebbe farci riflettere. Perché, purtroppo, molti cristiani oggi si vergognano o temono di confessare Cristo. Eppure, anche la testimonianza è una virtù essenziale del vero cristiano.
La Gratitudine
L’anima del cieco era colma di gratitudine. Desiderava conoscere il suo benefattore per ringraziarlo del grande dono ricevuto. E quando lo trovò, «si prostrò davanti a Lui».
Tutti noi dobbiamo essere riconoscenti a Dio, come lo fu il cieco guarito. Ma dobbiamo anche esserlo verso ogni persona che ci ha fatto anche il più piccolo bene. La gratitudine deve accompagnare tutta la nostra vita, e va espressa ogni volta che se ne presenta l’occasione, in tutti i modi possibili. Perché un buon cristiano è sempre riconoscente, verso Dio e verso il prossimo.
Queste, e molte altre, sono le virtù del buon cristiano. Virtù che devono adornare e abbellire spiritualmente la nostra vita.
Luminare della Domenica del Cieco-Nato
Illumina, o Signore, gli occhi della mia mente, oscurati dal peccato,
infondi in essi l’umiltà,
e purificami, o Misericordioso,
con le lacrime del pentimento.
Traduzione propria dalla fonte: https://www.pemptousia.ro/2015/05/duminica-orbului/
