Nel Santo e Grande Martedì facciamo memoria delle dieci vergini del Santo Vangelo.
Mentre il nostro Signore Gesù Cristo saliva a Gerusalemme e si avviava verso la Passione, disse ai Suoi discepoli molte parabole. Alcune di esse erano rivolte agli ebrei.
La parabola delle dieci vergini, invece, Egli la disse per esortarci alla misericordia e, al tempo stesso, per insegnarci a essere tutti pronti prima della fine della vita.
Il Signore ha parlato molto delle vergini e delle donne – e la verginità ha molto merito ed è veramente grande – ma, affinché qualcuno, vivendo in verginità, non trascuri anche le altre virtù, e soprattutto la misericordia, tramite la quale si manifesta lo splendore della verginità, il Signore racconta questa parabola.
Cinque di loro Egli le chiama sagge, poiché, insieme alla verginità, possedevano anche l’abbondante e sovrabbondante olio della misericordia.
Le altre cinque le chiama stolte, poiché, sebbene avessero la virtù della verginità, non avevano nella stessa misura anche la misericordia. Sono quindi chiamate stolte perché hanno compiuto la virtù più grande, ma non si sono curate della più piccola, così che non si distinguono in nulla dalle prostitute.
Le prostitute sono vinte dalla carne, mentre loro furono vinte dal denaro. Durante il passare della notte di questa vita, tutte le vergini si addormentarono, cioè morirono.
La morte è chiamata sonno. Mentre esse dormivano, si udì un grande grido a mezzanotte; quelle che avevano olio in abbondanza entrarono con lo Sposo all’apertura delle porte, mentre le stolte, non avendo olio a sufficienza, lo cercavano.
Le sagge, pur volendo, non poterono dar loro olio al momento dell’ingresso, e così risposero dicendo: «Che non venga a mancare né a noi né a voi; andate dai venditori, cioè dai poveri, e compratene». Ma non era cosa facile, poiché dopo la morte ciò non è più possibile.
Lo stesso insegna chiaramente anche Gesù nella parabola del ricco spietato e del povero Lazzaro.
Le vergini stolte si avvicinano senza luce e, bussando alla porta, gridano così: «Signore, Signore, aprici!».
Ma il Signore stesso pronuncia su di loro quella terribile sentenza, dicendo: «Andatevene, non vi conosco!». Poiché, come potrete vedere lo Sposo, se non avete come dote la misericordia?
Per questo i Santi Padri portatori di Dio hanno stabilito che in questo giorno si legga la parabola delle dieci vergini, per esortarci a vegliare continuamente e a essere pronti a uscire incontro al vero Sposo con le opere buone, ma soprattutto con la misericordia, poiché ignoti sono il giorno e l’ora della fine della vita.
Allo stesso modo, attraverso la storia della vita di Giuseppe, siamo chiamati a vivere nella purezza, e tramite il miracolo dell’essiccamento del fico, a portare frutto spirituale.
Se compiamo una sola virtù – anche la più grande – e non ci prendiamo cura delle altre, e in particolare della misericordia, non entreremo con Cristo nel riposo eterno, ma saremo respinti con vergogna.
Non vi è nulla di più privo di santità e più pieno di vergogna che la verginità venga vinta dal denaro.
Ma Tu, o Cristo, annoveraci tra le vergini sagge, disponici nel Tuo gregge eletto e salvaci. Amen.
dal Sinassario del giorno
