L’Entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme: il Re della Gloria su un puledro d’asina

Nel ciclo liturgico ortodosso, la Domenica delle Palme occupa un posto di grande rilievo. Essa segna l’ingresso solenne del Signore nella sua Città, Gerusalemme, e apre le porte alla Settimana Santa, nella quale contempliamo i santi e salvifici patimenti del nostro Redentore. Tutti e quattro gli evangelisti ci trasmettono questo momento capitale della vita del Salvatore (Mt 21, 1-15; Mc 11, 1-11; Lc 19, 29-44; Gv 12, 12-19).

Era ormai vicina la Pasqua ebraica. I pellegrini affluivano verso Gerusalemme e si interrogavano se anche Gesù vi sarebbe salito, sapendo che i farisei e i capi dei sacerdoti avevano deciso di ucciderlo e avevano dato ordine di denunciarlo. Ma il Signore non si sottrae al suo destino. Riuniti i discepoli, Egli li prepara: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà» (Mc 10, 33-34).

Gesù entra in Gerusalemme con regale umiltà, cavalcando un asino, come aveva preannunciato il profeta Zaccaria: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme. Ecco, a te viene il tuo Re: Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina» (Zc 9, 9). La folla, riconoscendo in Lui il Messia, lo acclama stendendo i propri mantelli e agitando rami di palma: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Gloria a Dio nell’alto dei cieli».

Alcuni farisei, turbati, chiedono a Gesù di far tacere i suoi discepoli. Egli risponde: «Se questi taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19, 40).

Eppure, mentre la folla esulta, il Signore piange su Gerusalemme: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace!» (Lc 19, 42). La città non ha riconosciuto il tempo della visita divina e sarà distrutta. L’umile ingresso del Messia non annuncia la restaurazione politica del regno di Davide, ma inaugura il Regno eterno del Padre celeste.

La Chiesa celebra questa Entrata con inni di gioia:

«Il Signore è Dio e si è manifestato a noi: preparate la festa ed esultanti venite: magnifichiamo il Cristo con palme e rami cantando l’inno: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, nostro Salvatore» (Ode 9 del Mattutino della Festa).

Nel Cristo che cavalca un asinello, la Chiesa contempla il Re della gloria che entra nella Gerusalemme celeste. Già il giorno dopo, al Lunedì Santo, si canta:

«Venite, uniamoci a lui, lasciamoci crocifiggere con lui, moriamo con lui ai piaceri di questo mondo per vivere con lui e sentirlo gridare: Ora non salgo più verso la Gerusalemme terrena per subirvi la Passione, ma salgo al Padre mio e Padre vostro, per farvi salire con me nella Gerusalemme celeste, nel Regno dei cieli» (Lodi del Lunedì Santo e Grande, Stico 1).

In ogni Divina Liturgia, la Chiesa canta insieme il trisagio angelico e l’acclamazione della folla: «Santo, Santo, Santo il Signore Sabaoth; il cielo e la terra sono pieni della tua gloria» e «Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Gloria a Dio nell’alto dei cieli». Così si proclama che Gesù è il Signore degli eserciti celesti.

L’entrata trionfale prefigura il trionfo finale: la Croce sarà il trono del Re, la sua morte sarà vittoria sulla morte. «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 31-32).

Cristo vince con la Croce, libera l’uomo dalla tirannia del peccato, lo innalza con la sua Risurrezione alla gloria eterna: «Sepolti con te nel Battesimo, Cristo nostro Dio, resi degni della Vita immortale dalla tua Risurrezione, noi ti cantiamo: Gloria nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore».

La folla che allora acclamava il Signore, e i fedeli che oggi lo lodano, sono uniti dalla stessa fede. Gesù è la Luce del mondo: «Mentre avete la Luce, credete nella Luce per diventare figli della Luce» (Gv 12, 36).

Eppure l’uomo rimane libero: la fede non nasce dalla costrizione ma dall’amore. Anche tra coloro che videro i miracoli, molti non credettero. La vera accoglienza di Cristo si misura nella libertà interiore con cui lo si segue, come Signore e Salvatore.

La Domenica delle Palme è quindi anticipazione della Gloria pasquale e invito alla nostra personale ascesa alla Gerusalemme celeste. Con cuore umile e festante, uniamoci al coro di coloro che acclamano: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

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