15 febbraio: Sant’Antimo di Chio (1869-1960) L’Esicasta, il Filantropo, il Confessore


È un fatto inconfutabile che anche nei tempi più recenti, a noi più prossimi, la Chiesa ortodossa continui a rivelare santi. Tale constatazione riveste un’importanza particolare per l’uomo contemporaneo, il quale, forse più che in ogni altra epoca, ha bisogno di speranza e di elevati ideali. Una delle luminose figure della santità moderna è, tra molte altre, sant’Antimo di Chio, la cui vita costituisce un modello di spiritualità e filantropia.

Nato a Chio il 1° luglio 1869, il suo nome nel secolo era Argirio Vaghiànos. Crebbe in un ambiente di profonda fede e devozione. Non ricevette un’istruzione elevata, sebbene fosse dotato di straordinari doni naturali. Il 23 agosto 1889, all’età di vent’anni, si recò presso la Santa Skiti dei Santi Padri (Μονή Αγίων Πατέρων Χίου) per far restaurare, presso il laboratorio di iconografia del monastero, l’icona della Panaghía Voitheía, che aveva ricevuto in eredità dai suoi antenati. Questa visita fu l’occasione per prendere la grande decisione di entrare nella vita monastica e di sottomettersi in obbedienza al venerabile e rinomato per le sue virtù Geronda Pakhómios[1].

Costui fu il padre spirituale che trasmise a sant’Antimo l’antica tradizione ascetica ed esicasta, la stessa che aveva insegnato anche a sant’Nettario, vescovo di Pentapoli[2]. Così, sant’Antimo e sant’Nettario furono allievi dello stesso maestro spirituale, fratelli nello spirito, fiori sbocciati dalla medesima radice. L’obbedienza, il digiuno, la purezza, la preghiera e, soprattutto, l’umiltà divennero per il giovane monaco le armi contro il diavolo, le cui insidie si rivelarono, in verità, spietate.

Sostegno e rifugio per lui fu Colei alla quale affidò l’intera sua vita: la Panaghía Voitheía! Fu proprio dalla sua icona, durante una delle furiose aggressioni del maligno, che risuonò una voce:
«Fuggite, belve, dal mio piccolo monaco!»[3].

L’icona della Voitheía

Le lotte spirituali di sant’Antimo non lasciano indifferente il popolo di Chio, che nella sua persona vede il proprio sostegno spirituale. Gli viene richiesta con insistenza l’ordinazione sacerdotale, ma il metropolita di Chio dell’epoca respinge tale domanda, ritenendo insufficiente la sua formazione scolastica. Tuttavia, la provvidenza divina lo conduce ad Adramyttion, in Asia Minore, e poi a Magnesia, dove viene ordinato diacono e presbitero.

Una testimonianza scritta, tramandata da un testimone oculare, suscita meraviglia e commozione:

«Nel momento stesso in cui l’assemblea dei fedeli rispondeva “Axios” [Degno!], un forte terremoto scosse dalle fondamenta la chiesa. Le lampade oscillavano come impazzite… Il cielo si oscurò, l’universo intero fu sconvolto! Tuoni, fulmini, pioggia torrenziale… Ma d’un tratto tutto si placò! La tempesta si tramutò in una pace infinita, e il padre Antimo piangeva… piangeva…»[4].

Questi segni divini, manifestazione della benevolenza di Dio verso il suo degno sacerdote, rivelano la distanza tra il giudizio umano e quello divino. L’uomo si sofferma su criteri esteriori e mondani, mentre la divina giustizia si fonda su valori spirituali, interiori e superiori.

Anche lì, tuttavia, le insidie del maligno non cessano, poiché alimentano l’invidia dei suoi confratelli. Dopo un breve pellegrinaggio sul Monte Athos, è costretto a tornare nella sua terra natale. Da questo momento, due saranno i grandi pilastri della sua vita: il lebbrosario di Chio e la fondazione del monastero femminile in onore della Panaghía Voitheía.

In questi luoghi i suoi doni spirituali brilleranno con ancora maggiore intensità e si manifesterà appieno il suo cuore ricolmo d’amore per Dio e per l’uomo. Con straordinaria abnegazione si fa pastore dei lebbrosi, senza alcun timore dinanzi al pericolo del contagio, perché:

«Nell’amore non vi è timore, anzi l’amore perfetto scaccia il timore…» (1 Gv 4,18)[5].

Per i lebbrosi, emarginati dalla società, sant’Antimo fu angelo custode, medico, protettore, amico, consolatore, speranza nel mezzo della disperazione. Il lebbrosario di Chio, da luogo di miseria e peccato, divenne un ospedale di anime e una fonte di santità, perché:

«Coloro che un tempo erano insolenti, bestemmiatori, litigiosi, rumorosi e maldicenti, persino posseduti dal demonio, si trasformano in agnelli mansueti… pregano, si confessano, si accostano al Santo Calice e molti vengono tonsurati monaci.»[6].

Frutto di questa benedetta opera fu anche la crescita spirituale di san Niceforo il Lebbroso, suo discepolo e compagno per ben 43 anni[7].

I Santi Niceforo e Antimo

Per le monache sfollate dalla catastrofe dell’Asia Minore fu salvatore, padre e modello di vita ascetica e monastica. In un luogo un tempo abitato da donne traviate e immerse nel peccato, sorse – con il chiaro aiuto della Madre di Dio – un monastero, una dimora della purezza.

Un confessore della fede nei tempi moderni

Sant’Antimo può essere considerato un grande confessore della fede. Non solo per le sue lotte ascetiche, ma soprattutto per la sua incrollabile determinazione nel fondare il Monastero della Panaghía Voitheía.

Molti lo criticarono per il suo attaccamento all’esicasmo, arrivando persino a tentare di demolire il monastero in costruzione. Gli oppositori, come emerge dai giornali dell’epoca[8], manifestavano superficialità e disprezzo verso il monachesimo ortodosso, ritenendolo un’istituzione obsoleta.

Secondo loro, sarebbe stato meglio costruire un’opera filantropica piuttosto che un monastero. Ma l’esperienza e la saggezza di sant’Antimo furono confermate: il monastero si rivelò un vero ospedale non solo per le anime, ma anche per i corpi.

Grazie a lui, il monachesimo nel Chio rifiorì e l’interesse per la tradizione ascetica dei Padri fu ravvivato.

Un santo per tutta l’Ortodossia

Sant’Antimo, annoverato tra i Padri neofiti della Chiesa, ci ricorda che ascetismo e filantropia sono due facce della stessa medaglia. Inoltre, la salute della Chiesa si riflette nei suoi monasteri, che – se fedeli alla tradizione esicasta – diventano polmoni spirituali che vivificano il popolo di Dio.

La terra benedetta di Chio, irrigata dal sangue dei martiri e degli eroi, ha donato alla nostra epoca un grande luminare della santità. Il santo Antimo, il santo locale e universale, sia un modello per tutti noi!

Presbitero Christos Klavas


Bibliografia

  1. Μοναχού Θεοκλήτου Διονυσιάτου. Ο Άγιος Άνθιμος της Χίου ο Θαυματουργός (βίος-θαύματα-διδαχές) 1869-1960. Β Έκδοσις. Ιερά Μονή Παναγίας Βοηθείας Χίου. σσ:28.
  2. Χαροκόπου Ν. Αντωνίου. Ο Γέροντας Παχώμιος. Ιδρυτής της Ιεράς Σκήτης των Αγίων Πστέρων της Χίου (1839-1905). Αθήναι. 2003. σσ:119-127.
  3. Μοναχού Θεοκλήτου Διονυσιάτου. Ο Άγιος Άνθιμος της Χίου… οπ.π. σσ:38.
  4. Μοναχού Θεοκλήτου Διονυσιάτου. Ο Άγιος Άνθιμος της Χίου… οπ.π. σσ:45.
  5. Α΄ Ιω. 4,18.
  6. Χαροκόπου Ν. Αντωνίου. Ο Άγιος Άνθιμος της Χίου (1869-1960). έκδοσις ΄Β. Ιερά Μονή Παναγίας Βοηθείας Χίου. Χίος 2003. σσ.43.
  7. Σίμων Μοναχός. Ο Άγιος Νικηφόρος ο Λεπρός. εκδ. Ι.Μ. Κοιμήσεως Θεοτόκου. Ιούνιος 2013.
  8. Μοναχού Θεοκλήτου Διονυσιάτου. Ο Άγιος Άνθιμος της Χίου… οπ.π. σσ:79-88, Χαροκόπου Ν. Αντωνίου. Ο Άγιος Άνθιμος της Χίου (1869-1960). οπ.π. σσ.57-61.

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