Da secoli, ogni anno, alla vigilia della festa della Trasfigurazione, diversi monaci lasciano la Grande Lavra con bestie da soma cariche di vettovaglie, coperte, paramenti, sacri vasi e libri liturgici e salgono sulla “Montagna Sacra” di Athos, che ha l’altitudine di 2033 metri, sopra le nuvole, dove c’è una piccola cappella della Trasfigurazione. Là, il giorno seguente, faranno una grande veglia notturna, come si fa in tutti i monasteri del Sacro Monte.
Salendo lentamente, lentamente, come un tempo gli apostoli con Gesù, sull’«alto monte» (Mt 17,1), cantano inni prima della celebrazione al ritmo dei campanellini appesi al collo dei muli: «Venite, saliamo con Gesù sul monte santo…” [1]. Lungo la strada si uniscono a loro monaci provenienti da diverse parti del Sacro Monte, ma anche pellegrini di tutte le nazioni, tutto questo seguito simile agli ebrei di un tempo che, insieme ai proseliti, si radunavano da tutte le parti della Palestina per andare a celebrare nella “casa del Signore” da Sion: “Tutta l’assemblea di Giuda, i sacerdoti e i leviti, tutto il gruppo venuto da Israele, gli stranieri venuti dal paese di Israele e gli abitanti di Giuda furono in festa.” (II Cronache 30, 25) . “Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele, per lodare il nome del Signore.” (Salmo 121, 4).


Il “Monte Sacro”, Athos, che, quando è rivestito di candidi strati di neve, e riflette i raggi del sole o non si vede a causa delle nubi, era destinato a diventare il “Monte della Luce”, perché l’antica parola “aithón” significa rossastro, luminoso, risplendente. L’alta vetta di Athos rappresenta qualcosa di molto speciale per tutti i monaci aghioriti. Vedono questa montagna come un asse centrale che unisce cielo e terra, come una torre attraverso la quale le loro preghiere salgono al cielo, come “lo sgabello dei piedi del Signore” (Salmo 109, 1), dimora eletta della Madre di Dio “Pantanassa”, Madre della Luce. Numerose icone raffigurano la Madre di Dio in cielo, sopra la vetta innevata di Athos, mentre estende il suo omoforo, la Sacra Protezione della sua preghiera, sul mondo. Sempre lì, secondo un’antica tradizione, i monaci salgono di tanto in tanto, come in pellegrinaggio, per pregare più vicino al cielo, per ricevere qualche “notizia” da Dio nei momenti difficili della loro vita.
Lì, nel X secolo, nel giorno della Trasfigurazione, il fondatore del Monastero di Iviron, il venerabile Eutimio, vide la luce di Dio risplendere sotto forma di fuoco mentre celebrava la liturgia: “Improvvisamente, una luce inarrestabile ci accecò tutti e la terra tremò e siamo caduti tutti a terra. Solo il beato Eutimio, come una colonna di fuoco, rimase impassibile davanti all’Altare»[2].

Quattro secoli dopo, la Madre di Dio apparve a San Massimo di Kavsokalivia, in un’aura di luce e profumi divini, tenendo tra le braccia il Signore, benedisse il venerabile, riempiendolo di gioia divina[3]. Sempre lì, qualche secolo dopo questi avvenimenti rimasti ignoti, San Iosif l’Esicasta (+1959), il grande asceta e vero padre dell’odierna rinascita della tradizione della preghiera del cuore al Sacro Monte, incontrò il suo compagno di ascesi, il Gheronda Arsenio (+1983), e iniziò la feroce battaglia dell’ascesi sul Monte Athos. E dall’alto di questo monte, un giorno, quando fu sopraffatto dalla disperazione, un raggio di luce cadde dall’alto e gli penetrò nel cuore. E da allora, come una volta sul Tabor, la sua mente non ha mai cessato di rimanere unita a Gesù nel suo cuore[4].
C’è anche una storia secondo la quale sette asceti vivono sulla cima della montagna, nudi, sconosciuti a chiunque, portando così nei secoli, di generazione in generazione, la segreta tradizione dell’ascetismo e la theoria, del vedere Dio. Mito o verità, questa storia mostra esattamente il posto centrale che il “Monte Sacro” occupa nella coscienza e nella vita degli Aghioriti. Per questo la piccola cappella della Trasfigurazione sull’Athos e l’imponente croce metallica rinvenuta sulla stretta roccia hanno un particolare valore simbolico e mostrano, come due segni, uno rivolto al cielo e l’altro rivolto al mondo di giù, le due caratteristiche della vita della comunità monastica, che significa vivere la Croce, partecipazione ininterrotta e volontaria alla Passione del Signore, essendo, al tempo stesso, il cammino verso la deificazione, una vita nella luce della gloria escatologica, che è stata rivelata da Cristo, per un’istante, ai suoi discepoli sul monte Tabor.

Come il Signore salì sul monte per pregare (Lc 9, 28), portando con Sé solo tre dei suoi discepoli, così i monaci, lasciando le cose mondane, vivono sull’Athos in “esichia e preghiera”, vivono qui e ora nella luce della Trasfigurazione. Per loro, Athos è l’antico Tabor, che prefigura il Regno dei Cieli.
Verso la fine dell’impero bizantino, quando san Gregorio Palamas, aghiorita e sostenitore dell’insegnamento sulla luce divina increata, combatteva con gli umanisti per difendere gli esicasti e sostenere l’insegnamento ortodosso sulla deificazione dell’uomo – cioè la sua partecipazione reale alla vita di Dio attraverso la grazia increata – il tema della Trasfigurazione e la natura della luce sul Tabor era al centro della disputa. In tutti i suoi scritti, san Gregorio e coloro che la pensavano come lui, fanno innumerevoli riferimenti a questo evento divino e mostrano che la Trasfigurazione del Signore, come prefigurazione della nostra stessa divinizzazione, è per eccellenza la celebrazione del monachesimo, la festa del Sacro Monte[5]. Per molti anni San Gregorio aveva vissuto ai piedi di Athos, alla Grande Lavra e successivamente, come esicasta, presso la cella di San Sava situata in alto sul monte[6]. Per lui, come per ogni monaco contemporaneo, Athos si identifica con il Tabor e con ogni “monte di Dio” dove Lui si è rivelato agli uomini. Per loro Athos è anche il monte Sion, il monte Sinai e il monte Carmelo, il monte degli Ulivi, ma anche il monte del Golgota. È simile a tutti i “monti santi” dove il Signore “abita tra i suoi santi” (Salmo 150, 1) e nella “assemblea divina” (Salmo 81, 1), come il Monte Olimpo in Bitinia, da dove sono venuti i primi Aghioriti, con i monti di Látros e Gános, con il monte di Sant’Aussenzio, e con tutti i centri monastici conosciuti dell’Asia Minore, con tutti i monti sacri della Grecia, e infine deve essere visto in parallelo con il Monte Olimpo, la dimora dei 12 dei della mitologia antica. È legato alle sacre rocce di Meteora – dove, sulla roccia più alta, si trova il Monastero della Trasfigurazione – alle montagne del Peloponneso, della Macedonia, ai Carpazi, alle montagne della Serbia e dell’Armenia, all’antico Ararat e a le montagne del Caucaso, con le montagne della Russia e con la “Piccola Montagna Sacra” di San Serafino della foresta di Sarov. Con il Monte Cassino di San Benedetto, con il Monte di Mercurio – vera torre di avvistamento degli asceti calabresi – e con tutti i monti sacri dell’Occidente ortodosso. L’Athos, dunque, si identifica con tutti questi monti che divennero il Tabor, per i monaci di tutti i tempi che “vi si muovono come uccelli” (Salmo 10, 1). con le montagne della Serbia e dell’Armenia, con l’antico Ararat e le montagne del Caucaso, con le montagne della Russia e con la “Piccola Montagna Sacra” di San Serafino nella foresta di Sarov. Con il Monte Cassino di San Benedetto, con il Monte di Mercurio – vera torre di avvistamento degli asceti calabresi – e con tutti i monti sacri dell’Occidente ortodosso. L’Athos, dunque, si identifica con tutti questi monti che divennero il Tabor, per i monaci di tutti i tempi che “Fuggirono come i passeri verso il monte” (Salmo 10, 1).
Stasera, nella piccola cappella dove solo poche persone potranno entrare – mentre gli altri cercheranno di scaldarsi al fuoco che arderà sempre fuori – le voci dei salti (i cantori della chiesa) saranno le trombe della Chiesa, annunciando la luce eterna al mondo.
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[1] 5 agosto – prima stihira del Vespro
[2] Viața Cuviosului Eftimie Iviritul, Marele Sinaxar, 13 mai, Ediția a V-a, p. 335.
[3] Vita di San Massimo di Kavsokalivia, (Edizioni F. Halkin, Analecta Bollandiana, 54 (1936) p. 78-79).
[4] Giuseppe Monaco, Vita di Gheronda Giuseppe L’Esicasta, Edit. To Perivóli tis Panaghías, Tesalonic, 1983, p. 24.
[5] Due monasteri atoniti sono dedicati alla Trasfigurazione, Cutlumusiu e Pantocrator.
[6] Sfântul Filotei: “Slujbă de laudă la Sfântul Grigorie Palama”.
